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Eguaglianza tributaria e vincolo dell’equilibrio di bilancio

(Corte costituzionale, sentenza 10/2015)
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2015&numero=10

[Son inconstitucionales las disposiciones normativas que imponen una sobrecarga del impuesto sobre la renta para las empresas del sector petrolero y de la energía, ya que son incompatible con los artt. 3 y 53 Const., “bajo el perfil de la razonabilidad y de la proporcionalidad, por inadecuación de medios dispuestos por el legislador con respecto a la finalidad, en sí misma legítima, perseguida”. Sin embargo, en derogación del principio de retroactividad de las sentencias del Tribunal, para evitar “una grave violación de la estabilidad presupuestaria en conformidad con el art. 81 Const.”, los efectos de la declaración de ilegitimidad transcurren “desde el día siguiente al de su publicación”, o sea valen exclusivamente pro futuro]

La Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni con le quali il legislatore aveva introdotto un regime fiscale differenziato per alcuni soggetti [art. 81, commi 16, 17 e 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133]. Si prevedeva in particolare una maggiorazione, pari al 5,5%, dell’imposta sul reddito per le sole imprese operanti in determinati settori, tra cui la commercializzazione di benzine, petroli, gas e olii lubrificanti, che nel periodo di imposta precedente avessero conseguito ricavi superiori a 25 milioni di euro.
La Corte ha dichiarato illegittime le disposizioni impugnate affermando – coerentemente al proprio costante orientamento – che, per quanto “non ogni modulazione del sistema impositivo per settori produttivi costituisc[a] violazione del principio di capacità contributiva e del principio di eguaglianza”, “ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione (§ 6.2 c.d.). E’ questo il caso, secondo la Corte, delle disposizioni oggetto del giudizio, ritenute illegittime in quanto in contrasto con gli artt. 3 (principio di eguaglianza) e 53 (dovere contributivo e progressività del sistema tributario) della Costituzione. Tuttavia, la Corte ha altresì imposto una limitazione temporale degli effetti della propria decisione, stabilendo che, in deroga alla regola della retroattività delle decisioni, la cessazione degli effetti delle disposizioni annullate valga esclusivamente pro futuro, in modo da scongiurare la violazione del principio dell’equilibrio di bilancio, sancito dal novellato art. 81 della Costituzione.
Dopo aver inquadrato la questione in oggetto – l’eguaglianza tributaria – richiamando la propria precedente giurisprudenza, nella quale la capacità contributiva “in un quadro di sistema informato a criteri di progressività” è qualificata “svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza” [sentenza n. 341 del 2000, ripresa sul punto dalla sentenza n. 223 del 2012; (§ 6.2 c.d.)], la Corte afferma che, per quanto “lo scopo perseguito dal legislatore” con le disposizioni impugnate appaia “senz’altro legittimo”, “i mezzi approntati” per realizzarlo non sono “idonei […] a conseguirlo” (§ 6.5 c.d.). L’imposizione di un regime fiscale speciale per le aziende che operano nel comparto petrolifero appare alla Corte, “astrattamente” e “in linea teorica” (§ 6.4 c.d.), giustificabile in forza delle peculiarità del settore, contrassegnato da uno “stampo oligopolistico” ed estraneo all’eventualità di una contrazione della domanda per effetto di un aumento dei prezzi, e a fronte di una congiuntura (presente all’epoca dell’entrata in vigore delle disposizioni impugnate) nella quale a una “grave crisi economica” ha corrisposto un “contemporaneo eccezionale rialzo del prezzo del greggio al barile” (§ 6.5 c.d.).
Se, prosegue la Corte, “temporanei interventi impositivi differenziati, vòlti a richiedere un particolare contributo solidaristico a soggetti privilegiati, in circostanze eccezionali” possono in astratto ritenersi costituzionalmente legittimi, non lo sono quelli realizzati dal legislatore con le disposizioni censurate. “Per fronteggiare una congiuntura economica eccezionale – afferma la Corte – si è […] stabilita una imposizione strutturale, da applicarsi a partire dal periodo di imposta 2008, senza limiti di tempo”: ciò che ha determinato “un conflitto logico interno alle disposizioni impugnate, le quali, da un lato, intendono ancorare la maggiorazione di aliquota al permanere di una determinata situazione di fatto e, dall’altro, configurano un prelievo strutturale destinato ad operare ben oltre l’orizzonte temporale della peculiare congiuntura” (§ 6.5.2 c.d.). Il “vizio di ragionevolezza” – accertato dalla Corte – risiede insomma tutto qui: nella “assenza di una delimitazione” dell’ambito di applicazione del tributo “in prospettiva temporale o di meccanismi atti a verificare il perdurare della congiuntura economica che ne giustifica l’applicazione” (§ 6.5.4 c.d.).
Dopo aver così argomentato, la Corte si sofferma a considerare i prevedibili effetti economici della propria decisione sostenendo che la restituzione delle somme incassate dallo Stato, per mezzo della maggiorazione tributaria introdotta dalle disposizioni censurate, comporterebbe un danno finanziario tale da pregiudicare seriamente altre esigenze costituzionali: “anzitutto una grave violazione dell’equilibro di bilancio ai sensi dell’art. 81 Cost.”, “uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venire meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione europea e internazionale (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.) e, in particolare, delle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilità in cui tale entrata è stata considerata a regime” (§ 8 c.d.). Sicché, nel caso di specie, la Corte ravvisa l’opportunità di imporre una limitazione degli effetti retroattivi della pronuncia d’illegittimità: una limitazione, secondo la Corte, “costituzionalmente necessaria allo scopo di contemperare tutti i principi e i diritti in gioco” (§ 8 c.d.).
A questo scopo, la Corte prima procede ad autoattribuirsi il potere di limitare gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale “sul piano del tempo”. Richiama al riguardo la prassi di altri tribunali costituzionali europei (segnatamente quello austriaco, tedesco, spagnolo e portoghese), in cui tale modulazione temporale si realizza “anche nei giudizi in via incidentale, indipendentemente dal fatto che la Costituzione o il legislatore abbiano esplicitamente conferito tali poteri al giudice delle leggi”, concludendone che “una simile regolazione degli effetti temporali deve ritenersi consentita anche nel sistema italiano di giustizia costituzionale” (§ 7 c.d.). Afferma poi che, nel caso di specie, l’esercizio di questo potere in deroga alla regola della retroattività (qualificato significativamente dalla Corte un “principio generale” risultante dagli artt. 136 Cost. e 30 della legge n. 87 del 1953) supera uno scrutinio di “stretta proporzionalità”, sussistendo “l’impellente necessità di tutelare uno o più principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco” (§ 7 c.d.).
Così facendo, la Corte – forse malgrado le sue intenzioni – ha trasformato il principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio elevandolo a principio fondamentale che, come tale, non solo si impone quale limite all’esercizio del potere legislativo ma che la stessa Corte costituzionale è tenuta direttamente ad osservare anche in assenza di alcuna interposizione legislativa: in altri termini, la Corte, con la pronuncia in commento, sembra aver ritenuto che anche le sue decisioni, alla stessa stregua delle leggi, debbano rispettare il vincolo costituzionale dell’equilibrio di bilancio.

(f.m.)

Ver: I. Massa Pinto, La sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2015 tra irragionevolezza come conflitto logico interno alla legge e irragionevolezza come eccessivo sacrificio di un principio costituzionale: ancora un caso di ipergiurisdizionalismo costituzionale, en “Costituzionalismo.it”, 1, 2015; R. Bin, Quando i precedenti degradano a citazioni e le regole evaporano in principi, en la página web: http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2015/04/bin1.pdf