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Illegittimità costituzionale del divieto assoluto di fecondazione eterologa

(Corte Costituzionale, sent. 162/2014)

http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=162

[La prohibición absoluta de la fecundación heteróloga es ilegítima porque, siendo el resultado de un irrazonable balance de los intereses involucrados en la luz del objetivo perseguido por la Ley n. 40/2004, infringe los artículos. 2, 3, 29, 31 y 32 Cost.]

Con la sentenza n. 162 del 2014 la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità incostituzionale parziale di alcuni articoli della legge n. 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita). In tal modo, nell’ordinamento italiano cade il divieto di ricorrere alla fecondazione eterologa per le coppie assolutamente sterili o infertili. Gli articoli dichiarati parzialmente incostituzionali sono: art. 4, comma 3; art. 9, comma 1; art. 9, comma 3; art. 12, comma 1.
La sentenza viene emessa in seguito a ricorso presentato dai Tribunali ordinari di Milano, Firenze e Catania, concordi nel ritenere che la legge in oggetto (e, in particolare, l’art. 4, comma 3) determini una irragionevole disparità di trattamento a danno delle coppie affette da sterilità o infertilità. I parametri costituzionali che i giudici remittenti assumono violati sono gli artt. 2, 3, 29, 31 e 32 Cost.
La Corte Costituzionale affronta la questione osservando, in via preliminare, come il divieto di fecondazione eterologa non sia da ritenersi considerato inderogabile all’interno dell’ordinamento italiano, almeno per due ordini di ragioni. Innanzitutto, il divieto è stato introdotto proprio dall’art. 4, comma 3 della legge n. 40 del 2004, mentre in precedenza la fecondazione eterologa era praticata in centri privati. Inoltre, questo divieto non consegue nemmeno ad obblighi derivanti da atti internazionali, dato che la sua eliminazione non viola i principi posti dalla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997 (che vieta la procreazione medicalmente assistita [PMA] solo se a fini selettivi ed eugenetici).
La Corte prosegue osservando che, nell’impedire il ricorso alla PMA eterologa alla coppia che sia assolutamente sterile o infertile, l’art. 4, comma 3, censurato appaia privo di adeguato fondamento costituzionale, in quanto viola la libertà di autodeterminazione (riconducibile agli artt. 2, 3, 31 Cost.) e il diritto alla salute (art. 32 Cost.).
Nel caso in oggetto, la libertà di autodeterminazione è declinata all’interno della sfera familiare: la scelta di avere o meno un figlio riguarda la sfera più intima e intangibile della persona e – come tale – risulta incoercibile. Essa, al più, potrà essere limitata là dove si individuino interessi idonei ad essere con essa bilanciati, e le limitazioni siano ragionevolmente e congruamente giustificate dall’impossibilità di tutelare altrimenti interessi di pari rango. Nel caso di specie, ogni limitazione della scelta di divenire genitori appare censurabile.
La disciplina in esame incide, inoltre, sul diritto alla salute, che, secondo costante giurisprudenza è comprensivo – oltre che della salute fisica – anche di quella psichica. «In relazione a questo profilo – afferma la Corte – non sono dirimenti le differenze tra PMA di tipo omologo ed eterologo, benché soltanto la prima renda possibile la nascita di un figlio geneticamente riconducibile ad entrambi i componenti della coppia. Anche tenendo conto delle diversità che caratterizzano dette tecniche, è, infatti, certo che l’impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio partner, mediante il ricorso alla PMA di tipo eterologo, possa incidere negativamente, in misura anche rilevante, sulla salute della coppia, nell’accezione che al relativo diritto deve essere data» (§ 7 c.d.). La Corte si premura di precisare come non si tratti di soggettivizzare la nozione di salute, né di assecondare il desiderio di autocompiacimento dei componenti di una coppia piegando la tecnica a fini consumistici, ma di tenere conto che «la nozione di patologia, anche psichica, la sua incidenza sul diritto alla salute e l’esistenza di pratiche terapeutiche idonee a tutelarlo vanno accertate alla luce delle valutazioni riservate alla scienza medica, ferma la necessità di verificare che la relativa scelta non si ponga in contrasto con interessi di pari rango» (§ 7 c.d.).
Queste premesse portano la Corte a ritenere che non sia possibile far cadere completamente il divieto di fecondazione eterologa. Tuttavia, ciò non impedisce alla Consulta di pronunciare una declaratoria parziale di illegittimità: infatti, dopo aver preso in considerazione i vari interessi che astrattamente potrebbero venire in rilievo, la Corte (qualificando la PMA eterologa come una species del genus PMA) giunge alla conclusione che l’assolutezza del divieto sia irragionevole e violi il canone di razionalità dell’ordinamento. E’ dunque consentita la fecondazione eterologa nei casi in cui a ricorrervi siano coppie assolutamente sterili o infertili.
(m.g.b.)

Ver: C. Casonato, La fecondazione eterologa e la ragionevolezza della Corte http://www.confronticostituzionali.eu/?p=1164
G. D’Amico, La Corte e il peccato di Ulisse nella sentenza n. 162 del 2014, http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2013/05/0028_nota_162_2014_damico.pdf